venerdì 6 dicembre 2019

La casa dalle radici insanguinate di Roberto Ciardiello



Sinossi

Cupo, Mago, Skizzo.

Tre figure in agguato nell'oscurità, tre predatori in mezzo agli alberi, un unico obiettivo: svuotare la cassaforte di Villa Marchetti, residenza di facoltosi gioiellieri romani.
Il piano: sorprendere la coppia di ritorno dal lavoro, entrare in casa, arraffare il possibile e filare verso una nuova vita, lontano dalla periferia degradata della città.

Un gioco da ragazzi, come armare il cane di una pistola dalla matricola abrasa. Cupo, Mago e Skizzo questo credevano.
Finché non hanno aperto la porta sbagliata.

Dati

Titolo: La casa dalle radici insanguinate
Genere: thriller-horror
Pagine: 230
Editore: Dark Zone

Bio

Romano, classe '80, Roberto Ciardiello sguazza nell'horror fin da piccolo, cinematografico e letterario. Ha iniziato leggendo i fumetti di Dylan Dog, ha proseguito con il ciclo Notte Horror degli anni Novanta trasmesso in tv, ha approfondito la questione ed è poi approdato alla narrativa. Nonostante il suo amore per Stephen King, i suoi autori preferiti scrivono noir: James Ellroy, Edward Bunker, Don Winslow e Jo Nesbo, per citarne alcuni.
In passato ha pubblicato racconti per Edizioni XII, Sogno Edizioni, Delos e WePub. Ha partecipato a concorsi letterari nazionali, vincendone alcuni e piazzandosi sul podio in altri. Nel 2018 pubblica con Dark Zone Edizioni il romanzo breve La vendetta nel vento (ex autoprodotto) e a novembre 2019, con la stessa casa editrice, La casa dalle radici insanguinate (anch'essa un'ex autoproduzione).

Estratto

Gennaio, estrema periferia romana, notte fonda senza sogni.
Con la testa incassata tra le spalle e le braccia incrociate sul petto a difendersi dal freddo, osserva il muro davanti a sé. Anzi, quello che c’è sopra. È la prima volta che si cimenta con spray e mattoni, lui che fino a quel momento i graffiti li ha provati solo in scala ridotta, la matita in una mano e tanta fantasia da riversare sui fogli.
Ha scelto il muro in fondo al Dieci Buchi, quello che fa da tappo alla stradina senza uscita in origine chiamata Vicolo degli Astri, un muro grigio che ora grigio non è più. Che ha bevuto il sangue dei fratelli D’Amato dalla pozza ai loro piedi, muto testimone di una delle tante facce disgraziate della miseria.
È successo l’anno scorso, in primavera, lo ricorda perché il bar sotto casa aveva già messo in mostra l’enorme uovo di Pasqua per la riffa. Era scoccata la mezzanotte, si dice, e Giovanni D’Amato aveva le tasche piene dell’oro del portagioie di sua madre. Oro da barattare con un rotolo di banconote. Perché la scimmia sulla schiena amava essere ingioiellata.
Giovanni D’Amato tremava d’astinenza. E di paura. Perché suo fratello Paolo era lì davanti. Perché glielo aveva detto, che se avesse ripreso a bucarsi l’avrebbe fatto lui una volta per tutte. L’avrebbe bucato.
Paolo D’Amato parlava poco. E mai a vanvera. Era uscito di galera da due settimane: tentato omicidio.
Così, uno tremava e l’altro camminava. Uno era spalle al muro in fondo al vicolo cieco e l’altro a quel muro si avvicinava.
Chi avesse detto a suo fratello dove trovarlo e a che ora, Giovanni non l’avrebbe mai saputo.
Perché Paolo D’Amato parlava poco. E mai coi morti.
Nove bocche di sangue si aprirono sul corpo di Giovanni D’Amato, nove iniezioni di un grosso ago a serramanico. Cadde a terra scomposto in un’overdose d’amore fraterno. Proprio mentre il blu intermittente di una gazzella in ricognizione si infilava nella stradina.
Beccato. Braccato.
E fissando quell’animale scattare andandogli incontro quasi volesse incornarlo al muro, Paolo D’Amato decise di bucarsi anche lui. Un’unica, mortale dose sparata dritta nel collo. Talmente potente che del serramanico penetrò anche un pezzo di impugnatura.
Così si dice.
A distanza di un anno, se si guarda bene durante i giorni estivi più luminosi, quando il sole picchia in mezzo al cielo e la mattina cede il passo al primo pomeriggio, si può cogliere ancora qualche residuo di sangue sull’asfalto. Macchioline di un colore diverso, nient’altro. Macchioline essiccate di vita che fu.

domenica 1 dicembre 2019

LA SQUADRA – serie giallo-poliziesca di Elide Ceragioli

La vicenda del “mostro di Firenze”, che ha invaso la cronaca nera degli anni ’80 del XX secolo e ancora di tanto in tanto fa capolino, ha lasciato una finestra aperta. Era stata ipotizzata all’epoca la costituzione di una squadra investigativa speciale, per scovare il mostro e consegnarlo alla giustizia, ma il progetto non ha mai raggiunto la realizzazione concreta. Di qui l’idea dell’autrice di far nascere LA SQUADRA di sei ispettori di polizia e farla operare in tutta Italia con quattro indagini, che costituiscono i quattro volumi della serie. I sei ispettori che compongono LA SQUADRA vengono così presentati all’inizio della vicenda: «Carlo Dallolio, “Dalloliorompicoglionicarlo” era il suo soprannome e quasi ne andava fiero; piemontese, apparentemente bonaccione e distratto, appena divorziato, aveva riletto attentamente le schede dei suoi colleghi: Gabriella Franchi, fiorentina residente a Genova, anni 34, nubile, due lauree, legge ed informatica, perfetta conoscenza dell'inglese e del tedesco. Palermo Antonio, siciliano, 30 anni, folgorante carriera in polizia per le indubbie doti investigative e la conoscenza di trame occulte. Gilli Anna, friulana, solo successi sulle sue belle spalle, ma, inspiegabilmente, un basso punteggio alla selezione. Giovanni Marras, sardo, il più vecchio, 43 anni, piccolo e segaligno, ma tenacissimo che una volta individuata la preda non la mollava più. Infine Fantacci Piero senese, 41 anni, duttile e fantasioso, capace di inventarsi ardite soluzioni ai casi e di azzeccarci quasi sempre.» 


NON SAI MAI CHI PUOI INCONTRARE (LA SQUADRA 1) Una torrida e afosa estate fiorentina accoglie sei ispettori accomunati dalla professione, ma tanto diversi tra loro da essere lo specchio delle più diverse componenti della società italiana contemporanea. Il corso di aggiornamento che li ha fatti convergere a Firenze dai confini della penisola si trasforma in concreta attività investigativa grazie all’apparire di un nuovo “mostro” sulla scena toscana. L’intreccio del lavoro con i problemi della vita quotidiana, della professionalità con l’umanità, della vita con l’azione, del sentimento con il dovere trasformerà sei individui in un gruppo: “LA SQUADRA” I sei ispettori, convocati a Firenze per un corso di aggiornamento coordinato da Mattia Lombardi, trovano occasione di mettere alla prova le loro capacità professionali grazie ad una serie di delitti che il “mostro” firma evirando le vittime. I valori umani di ognuno diventano il collante più vero per tener la squadra unita. 

MELE MARCE PER LA SQUADRA (LA SQUADRA 2) È passato
un anno da quando
LA SQUADRA poteva dirsi ufficialmente costituita ed i sei ispettori si trovano coinvolti, non per incarico ufficiale, ma quasi per caso, in una nuova difficile, rischiosa e coinvolgente indagine. Senza mai spostarsi dalle loro sedi operative, ma uniti da un vincolo professionale e umano che li fa vibrare all’unisono, fanno emergere il marciume che ha contagiato eminenti esponenti delle forze dell’ordine collusi con la mafia. Due fatti apparentemente slegati, l’uccisione di un giovane carabiniere e lo scontro tra cosche mafiose diverse accomunate dall’interesse per un carico di droga arrivato al porto di Messina, 

portano le indagini a convergere sul GMS (Grande Manovratore Sconosciuto) e a dargli un nome. Con l’attività investigativa si mescolano i sentimenti e le vicissitudini personali e familiari dei protagonisti. I fatti, seppur crudi ed essenziali, sono sempre visti e vissuti attraverso una precisa e attenta introspezione che, scavando nell’animo di ciascuno e condividendone le emozioni, porta il lettore a conoscere investigatori, vittime e delinquenti come persone. LA SQUADRA ne esce più coesa che mai e Gabriella Franchi, Carlo Dallolio, Piero Fantacci, Anna Gilli, Giovanni Marras e Antonio Palermo sono pronti ad affrontare una nuova avventura insieme. 

LE TENTAZIONI DELL’ISPETTORE DALLOLIO
(LA SQUADRA 3) Gabriella (l’ispettrice Franchi) chiede un favore a Carlo per riportare a Torino una ragazzina di buona famiglia salvatasi, non si sa come, dall’essere sacrificata. L’ispettore Dallolio si trova così ad essere coinvolto nelle indagini su una serie di omicidi accomunati solo dalla particolare arma utilizzata dal fantomatico assassino. Tutta LA SQUADRA si ritrova a collaborare per aiutare il collega torinese a far luce sul mondo delle sette sataniche ed i loro adepti. Come sempre le vicende personali e familiari dei sei ispettori si amalgamano con l’azione investigativa e, senza nulla togliere all’attività professionale, arricchiscono il racconto di patos e sentimento. Torino, che nel mondo esoterico rappresenta il luogo dove bene e male si incontrano, città che viene ad essere il vertice in due triangoli magici: il triangolo bianco del Bene (Torino-Lione- Praga), il triangolo nero del Male (Torino-Londra-San Francisco), ma che per Dallolio è solo la “sua” città, fa da sfondo e ambiente ad una sequenza di delitti misteriosi e relative indagini puntuali, metodiche ed avvincenti. Indagini che sono anche l’occasione di ritrovare vecchie conoscenze e riallacciare rapporti interrotti da anni, ma mai veramente finiti. I veri vincitori saranno gli ispettori che, tratteggiati dall’autrice nella loro fragile umanità e simpatica concretezza, non solo risolveranno il caso, ma soprattutto con la loro carica umana sapranno far prevalere il Bene sul Male e trionfare l’amore, l’amicizia, la positività e la condivisione sull’odio, l’aggressività, la cupidigia e la sete di possesso. 

FUORI DALLA TELA DEL RAGNO
(LA SQUADRA 4) LA SQUADRA è alla quarta indagine, ma le difficoltà crescono. Si verifica una serie di omicidi, sparsi per l’Italia, senza nesso apparente, accomunati solo dalla “firma” dell’assassino, che etichetta le sue vittime con una sparachiodi. I problemi personali dei sei ispettori hanno una parte rilevante nel complicare le cose, ma, mentre le questioni private, anche se a prezzo di sofferenze non trascurabili, si avviano verso traguardi non scontati, alla soluzione del caso contribuiscono aiuti insperati, ma risolutivi. Un hacker, un pompiere e una psicologa, ognuno a modo suo; aggiungono tessere al mosaico che alla fine rivelerà il volto dell’insospettabile serial- killer. La ragnatela, che sembrava aver irretito LA SQUADRA, si spezza e, come sempre, a vincere veramente saranno i valori umani che rendono i professionisti persone, i colleghi amici, i tecnici uomini. LA SQUADRA conclude un suo ciclo: avrà occasione di ricominciare ed offrirci nuove indagini e avventure intrise di umanità?


I

giovedì 7 novembre 2019

Oltre la barriera di Filippo Mammoli


Trama 


Pena di morte per omicidio di primo grado: è questo il verdetto che emette il tribunale di Lafayette, in Louisiana, contro il ricercatore italiano del MIT Lorenzo Rossi. Nell'angoscia dei giorni senza speranza trascorsi nel braccio della morte, Lorenzo ottiene dal fanatico direttore del penitenziario, Carl Sain, di poter scrivere un diario. Ma quando Susan Taylor, la moglie di una delle guardie carcerarie, si imbatte per caso in quelle pagine, capisce che qualcosa non torna. E comincia un'indagine personale che la porterà a svelare i contorni inquietanti di una storia dove scienza e pregiudizio si intrecciano in un gioco pericolosissimo. Finirà così per scoprire i dettagli di un esperimento scientifico mai tentato prima, un'esperienza rivoluzionaria destinata a spostare gli equilibri tra la vita e la morte. Improvvisandosi detective per ingaggiare un'avvincente lotta contro il tempo, Susan spera di recidere il cappio che si stringe ogni giorno di più intorno al collo del fisico italiano.


  • Copertina flessibile: 230 pagine
  • Editore: Dark Zone (29 maggio 2019)
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8899845735

Recensione a cura di Paola Marchese

Il 19 agosto del 2015 è la data con cui si apre il romanzo “Oltre la barriera” di Filippo Mammoli: una semplice data che segna l’inizio del racconto del protagonista, Lorenzo Rossi, scienziato italiano che lavora come ricercatore al MIT ma che, contemporaneamente, rappresenta la fine di tutte le sue speranze e della sua vita “normale” come potremmo immaginarla noi. Infatti, in quel fatidico giorno, lo scienziato viene condannato alla massima pena dal Tribunale di Lafayette e condotto nel braccio della morte del Louisiana State Penitentiary in attesa che venga deciso il giorno della sua esecuizione. È qui che incontriamo la prima “barriera” tangibilmente fisica che blocca l’esistenza del nostro protagonista, ovvero le sbarre della sua prigione. 
All’inizio, la motivazione che ha portato Lorenzo dietro le sbarre non appare chiara: una lunga premessa che vuole introdurci nella delicata condizione psicologica del detenuto non fa che accennare a motivazioni etiche, morali che si sono contrapposte con violenza alla sua condizione di scienziato raziocinante e privo di “barriere” emotive e che lo hanno portato, per amore della scienza e della conoscenza, a superare il confine labile e delicato tra la vita e la morte.
Vessato e umiliato più volte dal direttore del carcere, tanto religioso quanto fanatico, che cerca sempre di provocarlo per le sue convinzioni scientifiche e lontane dalla “vera fede”, Lorenzo troverà grazie a quest’ultimo, però, attimi di evasione dalla sua terribile condizione quando verrà spinto, con motivazioni discutibili quanto inverosimili, a scrivere una sorta di diario in cui svelare (ai posteri e ai lettori contemporaneamente) le ragioni della sua prigionia: come una sorta di documento catartico che lo induca a riflettere e ritornare sulle sue posizioni.
Ma ecco che, così come la “barriera” virtuale che separa la vita dalla morte è stata infranta da Lorenzo, all’improvviso anche la “barriera” fisica del carcere, grazie all’involontario aiuto del direttore e alle sue pretese “ultime confessioni”, viene abbattuta, anche se virtualmente, dalla stessa forza trainante, ovvero la curiosità, motore, a mio avviso, del racconto: Edward, la guardia carceraria incaricata di consegnare e ritirare ogni giorno il cofanetto in cui è contenuto lo scritto di Lorenzo, sospettando qualcosa di poco chiaro nella condanna del fisico, decide di fotografare col proprio cellulare le pagine del diario. Grazie a questa piccola curiosità, la storia di Lorenzo varcherà le mura del carcere stuzzicando a sua volta la curiosità di Susan, moglie di Edward che, invece delle sospette chat con ipotetiche amanti, si troverà a leggere nel cellulare del marito la storia del ricercatore. Un uomo apparentemente scomparso dal mondo ma anche dalla faccia della terra, in quanto quando Susan, improvvisandosi detective, comincia a ricercare sul web notizie dell’uomo e le motivazioni della sua condanna, non ne trova assolutamente traccia. Una ulteriore “barriera” su cui si scontra, stavolta, Susan. E perché mai si dovrebbe cancellare una persona dalla faccia della terra, si chiede Susan?
È da questa domanda che si inizia a delineare il tema centrale del romanzo, ovvero la follia del fanatismo. La ricerca di Lorenzo ha scatenato le coscienze di “integerrimi” personaggi che hanno visto nella sua curiosità un male oscuro, una volontà di sostituirsi a Dio.  Lorenzo, così, con il suo raziocinio, si contrappone alla fede fanatica e oscurantista che desidera bloccare ogni sua velleità prima che porti a chissà quale orribile risultato.
Ma desidero lasciare ancora qualcosa alla curiosità di chi vorrà perdersi nel romanzo di Mammoli. Sì, perché il ritmo della narrazione, incalzante e degno dei migliori thriller, trascina, senza possibilità di difesa, nel vortice della narrazione in un continuo contraltare tra la dolorosa narrazione di Lorenzo e la frenetica ricerca di Susan, inducendo il lettore a non interrompere la lettura per arrivare finalmente a conoscere la sconcertante verità.
Inoltre, sebbene il tema della fisica quantistica che l’autore sviluppa con abilità non sia appetibile per tutti i palati, le spiegazioni sono fluide e abbastanza alla portata di un lettore medio che non abbia nozioni di base ma voglia comunque comprendere il fulcro della ricerca di Lorenzo Rossi senza annoiarsi; in questo modo non viene in alcun modo compromesso il ritmo del racconto che continua ad avvincere fino alla fine.
Infine, una postilla personale: come dichiarato dall’autore stesso e come evidente nelle pagine del romanzo, uno dei temi fondamentali del romanzo è proprio la contrapposizione netta tra scienza “raziocinante” e religione “ostracizzante”. La barriera che divide la vita dalla morte diventa, così, una ipotetica barriera che divide l’uomo raziocinante e desideroso di conoscenza da un Dio (se davvero esiste) che non desidera che il confine venga oltrepassato. Ma da credente, sposata a uno scienziato credente che nello studio della fisica nucleare ha apprezzato proprio la magnificenza del Dio creatore, mi chiedo: fede e scienza sono davvero in contrapposizione o è anche possibile trovare delle posizioni concilianti? Io ho la mia risposta. A ognuno la sua.




lunedì 28 ottobre 2019

Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach

Jonathan Livingston è un gabbiano che abbandona la massa dei comuni gabbiani per i quali volare non è che un semplice e goffo mezzo per procurarsi il cibo e impara a eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione e di gioia. Diventa così un simbolo, la guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore; di chi prova un piacere particolare nel far bene le cose a cui si dedica. E con Jonathan il lettore viene trascinato in un'entusiasmante avventura di volo, di aria pura, di libertà.


  • Copertina flessibile: 112 pagine
  • Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli; 1 edizione (22 maggio 1977)
  • Collana: Best BUR
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8817061158
  • ISBN-13: 978-8817061155

  • Recensione a cura di Sara Valentino

Si tratta per me di una rilettura, mi è capitato che una persona molto cara mi abbia regalato questo libro pochi giorni fa. Non è mai un caso che i libri giungano a noi al momento più propizio.

La storia del gabbiano Jonathan, da cui è stato tratto anche un film, la conosciamo più o meno tutti. E' una favola molto bella che Richard Bach ci racconta in questo breve libricino, è la metafora ideale per affrontare la vita e le sue paure.

I temi che vengono affrontati da un gabbiano che si rifiuta di volare solo per sopravvivere, ma che vuole volare per il gusto di farlo e per ricordare a se stesso che è libero, sono molteplici e di grande aiuto nei momenti di scoramento.

"Egli imparò a volare, e non si rammaricava del prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano"

Dobbiamo ritrovare il nostro gabbiano, quel Jonathan che vive dentro di noi dai primordi, ma che è ingabbiato in catene invisibili e non si, e ci, permette di vivere. 

Jonathan viene cacciato dal suo stormo, viene esiliato come reietto, perchè è diverso, perchè si discosta dalle regole, dalla massa. "A me preme soltanto di sapere"

Uno degli insegnamenti migliori che questo libro ci regala è quello di ricordarci di vivere Qui e Ora, il tempo e lo spazio non hanno valore. E soprattutto che bisogna credere sempre nelle nostre possibilità e visualizzare il nostro traguardo.

"Ricordati, Jonathan, il paradiso non si trova nè nello spazio nè nel tempo, poichè lo spazio e il tempo sono privi di senso e di valore. 
Per volare alla velocità del pensiero verso qualsivoglia luogo tu devi innanzitutto persuaderti che ci sei già arrivato"

Jonathan viene esiliato in un posto molto lontano, conosce un gabbiano che potrebbe essere il suo spirito guida, gli insegna a credere nel volo, in se stesso e poi anche negli altri, anche in quelli che lo hanno deriso. Jonathan diviene esso stesso una guida per giovani gabbiani. 

"Via, non essere duro con loro, Fletcher, esiliando te, è a se stessi che hanno fatto del male. Un giorno i loro occhi si apriranno. E allora vedranno come te. Perdonali, e aiutali a capire"

Viene celebrato l'impegno a disfarsi di catene e corde, a credere di potercela fare, bisogna scavalcare tutto ciò che ci limita e lasciarlo andare. Spezzare le catene che imprigionano il nostro pensiero. Rimanere liberi di andare a scoprire chi siamo.

"...come fai ad amare una tale marmaglia di uccelli che hanno tentato addirittura d'ammazzarti?" " .. non è mica per questo che li ami! E' chiaro che non ami la cattiveria e l'odio, questo no. Ma bisogna esercitarsi a discernere il vero gabbiano, a vedere la bntà che c'è in ognuno, e aiutarli a scoprirla da se stessi, in se stessi. E' questo che io intendo per amore"

Un libricino da leggere e rileggere ogni tanto per ricordarci a non guardare solo con gli occhi che sono limitati, ma anche e soprattutto con il cuore.



mercoledì 16 ottobre 2019

Poirot e la strage degli innocenti di Agatha Christie




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A Woodleigh Common i ragazzi stanno festeggiando Halloween quando viene fatta una scoperta agghiacciante

: la tredicenne Joyce è stata assassinata. La giallista Ariadne Oliver, presente al party, si precipita dall'amico Poirot e lo convince a interessarsi del caso: Joyce, infatti, poco prima della morte, si era vantata di aver assistito a un omicidio, ma nessuno le aveva creduto. Possibile che invece la ragazza, conosciuta per essere un gran bugiarda, avesse detto la verità? E che il colpevole abbia deciso di chiuderle la bocca per sempre?



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  • Copertina flessibile: 227 pagine
  • Editore: Mondadori (27 febbraio 2017)
  • Collana: Oscar gialli
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8804679352
  • ISBN-13: 978-8804679356



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L'isola del dottor Moreau di H. G. Wells

I romanzi di H.G. Wells sono giochi fantastici e, insieme, una lente di ingrandimento sulle paure della società postindustriale; un punto di vista ancora oggi attuale.

Chi mai potrebbe credere alla storia raccontata da Edward Prendick? Stando alle sue memorie, scampato a un naufragio nelle acque del Pacifico, sarebbe stato tratto in salvo da un vascello che trasportava animali esotici, comandato da un capitano dedito all’alcol. Su quel vascello avrebbe conosciuto un tale Montgomery e il suo deforme servitore M’ling, insieme ai quali sarebbe sbarcato su un’isola vulcanica abitata da esseri singolari e spaventosi, a metà tra uomini e bestie. L’unica presenza umana sull’isola sarebbe stata quella del dottor Moreau, uno scienziato specializzato in perversi esperimenti di vivisezione dai quali quelle strane creature avrebbero preso vita. Ma, a quanto racconta Prendick, non tutto sarebbe andato secondo i piani: gli uomini-bestia avrebbero cominciato a maturare una propria coscienza e si sarebbero ribellati al loro creatore. A salvare Prendick da una morte certa quanto atroce, sarebbe stato un battello alla deriva con due cadaveri a bordo, grazie al quale l’uomo avrebbe finalmente ripreso il mare. A Londra, dove è riuscito a tornare, sono in molti a credere che Edward Prendick sia solo un pazzo...

Un’avventura imperdibile ai confini del mondo e della conoscenza.

La mia recensione

Da tempo questo libro mi aspettava. Si tratta di un romanzo di fantascienza scritto da H.G.Wells nel 1896.
E' una storia inventata, naturalmente.. ma che vuole essere un monito e un messaggio all'umanità. 
Innanzitutto trovo che la figura del dottor Moreau sia equiparabile a chi desidera sottomettere, cambiando le ideologie, mascherando le verità e con l'utilizzo del mezzo "schiavitù vs paura" rendere l'uomo succube e inoffensivo. 

"Questi animali senza coraggio, queste povere cose sempre spaurite e schiave del dolore, senza la minima energia combattiva per affrontare la pena"
 Il dottor Moreau sull'isola cerca di realizzare, nella sua folle pazzia, esseri umani modificando gli animali, dando loro una sorta di legge da rispettare. Modificare la natura, quello che stiamo facendo anche noi oggi è pericoloso in quanto essa stessa troverà sempre il modo di tornare, giustamente, alle origini. Non gli è dato il mandato a divenire un Dio, come noi non siamo dei né creatori. Dovremmo rispettare la nostra terra, gli animali e naturalmente i nostri simili.


"...credo che la parte animale di noi debba cercare conforto e coraggio nelle sacre leggi che regolano il creato e non negli affanni del peccato e nelle preoccupazioni che avvelenano la nostra esistenza"

In fondo Edward Prendick alla fine dell'avventura ci insegna che non siamo così dversi dagli animali, dai mostri che ha dovuto affrontare, ci insegna che c'è umanità tra gli animali e non ce n'è tra gli uomini. Si sentirà comunque sempre solo..

Un libro angosciante per le torture praticate, per gli urli acuti che ho sentito anche io nelle lunghe notti insonni e dense di paura che ha vissuto Prendick. 
Un grido muto che rappresenta a volte la nostra omertà e indifferenza di fronte alle ingiurie e alle cattiverie.


"Troppo abituato alle abominevoli pratiche che si svolgevano in quel luogo, ascoltavo ormai senza emozione i lamenti delle vittime che davano inizio a un'altra giornata di torture"
Sara Valentino

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  • Formato: Formato Kindle
  • Dimensioni file: 443 KB
  • Lunghezza stampa: 183
  • Editore: Fanucci Editore (19 gennaio 2017)
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Il labirinto di Ottavio Nicastro

Parigi, uno spietato serial killer tiene in scacco la città. Uccide poveri innocenti e li trasforma in statue umane. La polizia brancola nel...