mercoledì 15 luglio 2020

SOSPESI SUL NULLA di Filippo Mammoli


Quindici

racconti ambientati ai nostri giorni, quindici storie dove la vita, con le sue pulsioni più elementari e i suoi sentimenti più genuini, si scontra con muri invalicabili. In una baraccopoli indiana come nel lussuoso studio di un avvocato, in un letto d'ospedale o nel cortile di un manicomio, in una Firenze agghindata per la vigilia di Natale o in paesi del meridione d'Italia dove anche sognare è impossibile, il grido di dolore per le assurdità e le ingiustizie si leva prepotente e inconsolabile in questa suggestiva e sensibile raccolta. Emergono così vivide istantanee a ricordare le gabbie e le angosce, ma anche il desiderio d'amore e di libertà che caratterizza l'esistenza dell'uomo del nostro tempo, senza alcuna possibilità di sciogliere il «nodo gordiano» della contraddizione. Sogni, visioni, paure e ansie da psicanalisi raccontano un'umanità lanciata a folle velocità verso l'abisso, fotografata un istante prima del punto di non ritorno.

  • Editore: Dark Zone (26 giugno 2020)
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-13: 979-1280077097

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Recensione a cura di Alice Ortega

Recensire una raccolta di racconti può essere molto più complesso di quanto si creda. Fare la sintesi di quindici piccole visioni del mondo, per di piú se sono drammatiche come in questo caso, può essere una vera sfida. Innanzi tutto vorrei fare i miei complimenti all'autore perché lo stile è migliorato rispetto a opere precedenti; inoltre il testo molto più curato, e non è cosa da poco.

Ma veniamo al merito del discorso. In questi pochi racconti la protagonista assoluta è la morte, la morte in tutte le sue declinazioni: la morte fisica, quella spirituale, quella inevitabile e quella volontaria, quella evitata per un soffio e quella fortemente voluta per sé e/o per gli altri.

In rari casi si intravede la speranza, più spesso interviene un destino cinico e crudele: talvolta nelle vesti della vittima stessa, talvolta di carnefici che emergono dagli abissi più profondi della mente o del tempo. Scherzi del destino dal dubbio potere catartico, sogni cupi che non concedono un attimo di respiro dalla vita reale o che illudono vanamente…

Neanche la famiglia riesce a scalfire questo pessimismo pervasivo e quasi assoluto: spesso assente, quando compare è inutile, se non addirittura vissuta con indifferenza o addirittura insofferenza. 

La narrazione è fredda: lo sguardo quasi chirurgico nella maggior parte dei casi, come se l'autore volesse tenere alla larga ogni tentazione di empatia con i propri personaggi e con i loro enormi dolori simili a macigni inamovibili. 

Confesso che fino all'ultimo ho sperato in un po' di poesia, qualcosa che desse un senso a questa sofferenza cieca che trasuda dalle pagine; alla fine, proprio nell'ultimo racconto, ho trovato una scintilla di quello che cercavo, di quello che malgrado le immani sofferenze dalla notte dei tempi spinge l'uomo ad andare avanti e a non abbandonarsi alla disperazione; un pizzico di umanità che, malgrado tutto, è capace di comprensione e di affetto.

Concludendo, questo gelo che si sente tra le pagine è fonte di grande turbamento e capisco bene l'intento dell'autore che vuole scuotere il lettore fin nel profondo. Ma credo che per scrivere in modo così estremo, provocatorio ed efficace allo stesso tempo (quasi un Black Mirror intimista, ambientato ai giorni nostri), l'autore debba affinare ancora di più la sua tecnica narrativa; ad esempio sfruttando meglio i colpi di scena  – i racconti sono comunque sempre molto impegnativi da questo punto di vista – e, se posso permettermi, somministrare queste "pillole nere" in dosi un po' più ridotte: l'effetto in questo modo risulta infatti un po' opprimente e allo stesso tempo dispersivo. Comunque, un esperimento davvero interessante.



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